La gioia dell'annuncio .2.

 

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Papa ai catechisti: non anteponete la legge all’annuncio dell’amore di Dio

Per favore, catechisti, nella comunicazione della fede non anteponete “la legge fosse anche quella morale, all’annuncio tangibile dell’amore e della misericordia di Dio”. E non dimenticate che la vostra parola “è sempre un primo annuncio che arriva a toccare il cuore e la mente di tante persone che sono in attesa di incontrare Cristo”. Papa Francesco lo dice a 1500 catechisti che partecipano al secondo Congresso internazionale di catechesi sul tema “Il catechista, testimone del mistero”, organizzato in Aula Paolo VI, dal 20 al 23 settembre dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, in un videomessaggio registrato prima della partenza per il viaggio apostolico nei Paesi Baltici.

Essere catechista, vocazione per la vita

“Catechista è una vocazione: essere catechista, questa è la vocazione, non lavorare da catechista – ricorda Francesco citando il primo incontro con i catechisti nell’Anno della Fede del 2013 - Badate bene, non ho detto fare i catechisti, ma esserlo, perché coinvolge la vita”. Il catechista, aggiunge, è “colui che si è messo al servizio della Parola di Dio, che questa Parola frequenta quotidianamente per farla diventare suo nutrimento e poterla così partecipare agli altri con efficacia e credibilità”.

Il catechista, di conseguenza, non può dimenticare, soprattutto oggi in un contesto di indifferenza religiosa, che la sua parola è sempre un primo annuncio. Pensate bene questo: in questo mondo, in quest’area di tanta indifferenza, la vostra parola sempre sarà un primo annuncio, che arriva a toccare il cuore e la mente di tante persone che sono di attesa di incontrare Cristo. Anche a loro insaputa, ma sono in attesa.

Non lezione ma comunicazione di un'esperienza

Primo annuncio, spiega Papa Francesco, “equivale a sottolineare che Gesù Cristo morto e risorto per amore del Padre, dona il suo perdono a tutti senza distinzione di persone, se solo aprono il loro cuore a lasciarsi convertire!”. Ma il catechista non è un maestro e la catechesi non è una lezione. “La catechesi è la comunicazione di un’esperienza e la testimonianza di una fede che accende i cuori, perché immette il desiderio di incontrare Cristo”.

Per favore, nella comunicazione della fede non cadete nella tentazione di stravolgere l’ordine con il quale da sempre la Chiesa ha annunciato e presentato il kerigma, e che trova riscontro anche nella struttura dello stesso Catechismo. Non si può, ad esempio, anteporre la legge, fosse anche quella morale, all’annuncio tangibile dell’amore e della misericordia di Dio. Non possiamo dimenticare le parole di Gesù: “Non sono venuto a condannare, ma a perdonare...”. Alla stessa stregua, non si può presumere di imporre una verità della fede prescindendo dalla chiamata alla libertà che questa comporta.

Educare alla fede chi ha un'identità cristiana debole

Per questo, prosegue ancora il Pontefice E’ necessario che il catechista comprenda, quindi, la grande sfida che si trova dinanzi su come educare alla fede, in primo luogo, quanti hanno un’identità cristiana debole e, per questo, hanno bisogno di vicinanza, di accoglienza, di pazienza, di amicizia.

Far cogliere e vivere la presenza di Cristo

Infine, il Papa sottolinea che una catechesi feconda “trova nella liturgia e nei sacramenti la sua linfa vitale”, perché “il mistero che la Chiesa celebra trova la sua espressione più bella e coerente nella liturgia”. E nella vita di tutti i sacramenti, fino al culmine dell’Eucaristia “Cristo si fa contemporaneo con la sua Chiesa: la accompagna nelle vicende della sua storia e non si allontana mai dalla sua Sposa”. E’ Lui, chiarisce Francesco,  “che si rende vicino e prossimo con quanti lo ricevono nel suo Corpo e nel suo Sangue”.

Come sarebbe utile per la Chiesa se le nostre catechesi fossero improntate nel far cogliere e vivere la presenza di Cristo che agisce e opera la nostra salvezza, permettendoci di sperimentare fin da adesso la bellezza della vita di comunione con il mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo!

 


... la catechesi è un pilastro per l’educazione della fede, e ci vogliono buoni catechisti! ... Anche se a volte può essere difficile, si lavora tanto, ci si impegna e non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello! E’ forse la migliore eredità che noi possiamo dare: la fede! Educare nella fede, perché lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a conoscere e ad amare sempre di più il Signore è una delle avventure educative più belle, si costruisce la Chiesa! “Essere” catechisti! Non lavorare da catechisti: questo non serve! Io lavoro da catechista perché mi piace insegnare… Ma se tu non sei catechista, non serve! Non sarai fecondo, non sarai feconda! Catechista è una vocazione: “essere catechista”, questa è la vocazione, non lavorare da catechista. Badate bene, non ho detto “fare” i catechisti, ma “esserlo”, perché coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. Ricordatevi quello che Benedetto XVI ci ha detto: “La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione”. E quello che attrae è la testimonianza. Essere catechista significa dare testimonianza della fede; essere coerente nella propria vita. E questo non è facile.  Non è facile! Noi aiutiamo, noi guidiamo all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza. A me piace ricordare quello che san Francesco di Assisi diceva ai suoi frati: “Predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole”. Le parole vengono… ma prima la testimonianza: che la gente veda nella nostra vita il Vangelo, possa leggere il Vangelo. Ed “essere” catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo, amore al suo popolo santo. E questo amore non si compra nei negozi, non si compra qui a Roma neppure. Questo amore viene da Cristo! E’ un regalo di Cristo! E’ un regalo di Cristo! ... (Papa Francesco)